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TESTIMONIANZE

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LE TESTIMONIANZE DEI VOLONTARI DI SAN MARINO FOR THE CHILDREN ONLUS

AVV. ALBERTO SELVA – OTTOBRE 2014

Una fiaba africana narra di un incendio scoppiato nella foresta e di tutti gli animali, con in testa il leone, che fuggivano precipitosamente oltre il fiume per mettersi in salvo.
Un colibrì, mulinando vorticosamente le ali, andava in direzione opposta verso il fuoco e, vedendolo, il leone gli chiese cosa stesse facendo.
“Ho una goccia d’acqua nel becco e vado a dare il mio contributo per spegnere il fuoco”, rispose il colibrì.
San Marino for the Children non è più grande e forte di un colibrì ma cerca di dare il proprio contributo per aiutare i fanciulli e le popolazioni degli Ultimi del mondo.
Un contributo, forse piccolo come la goccia d’acqua del colibrì, ma allo stesso tempo grande e forte per il significato che rappresenta: una Onlus della più antica e tra le più piccole repubbliche che tende una mano all’immenso continente africano.
A questo significato – in un certo senso visibile – si aggiunge l’aiuto, per quelli di noi che hanno la fortuna di visitare il Malawi e toccare con mano l’impegno di San Marino for the Children, a spegnere un altro tipo di incendio che ciascuno di noi ha, nell’opulenta società occidentale, nel proprio interno.
Gli sguardi e i gesti dei bambini, assieme al colore, alla luce e ai suoni di quella terra, ti entrano dentro e finisci che non potrai più dimenticare.
Quegli sguardi li sento ancora addosso e sono qua con noi anche e soprattutto in momenti come questo: l’Africa non ti lascia mai più; ti aiuta, come il colibrì, a spegnere il fuoco che, nel “mondo sviluppato”, è fatto di egoismo, prepotenza, sopraffazione, cattiveria e meschinità.
È proprio vero che quanto più si riesce a dare, tanto più si riceve e si ha l’opportunità di diventare migliori.
Ogni minuto che tutti noi riusciamo a dedicare, o magari semplicemente a parlare di Africa, è un minuto impegnato a migliorare il mondo.
Ecco perché io sono definitivamente e irrimediabilmente innamorato di San Marino for the Children e sono affezionato e grato alla persone che lo hanno fondato e che la fanno vivere.
Ringrazio tutti voi per il sostegno che gli date.

ANGELA CARLONI – AGOSTO 2011

Ho scoperto una cosa che crea dipendenza: una dipendenza positiva, costruttiva che non nuoce alla salute…

Tutto ebbe inizio circa dieci anni fa quando un giorno a messa sentii parlare un gruppo di volontari appena rientrati dall’Africa…

Non so con precisione cosa scaturì in me, ma da quel momento fare una simile esperienza divenne un sogno, un sogno da realizzare.

Ci sono voluti tanti anni ma finalmente quest’estate sono riuscita a raggiungere qualcosa che vedevo come impossibile…

Le prime sensazioni all’arrivo in Malawi sono state pace e tranquillità, circondata da tanta natura, da colori meravigliosi, poco traffico e poco cemento… un paradiso!

Il primo giorno, una domenica, mentre eravamo a Matola, nei pressi della costruzione della scuola, era in corso una funzione religiosa. Incuriosite ci siamo avvicinate e subito con grande ospitalità ci hanno accolto riservandoci i primi posti. Interminabili balli, canti e ringraziamenti ci facevano sentire speciali.

Ogni giorno durante le nostre passeggiate, bambini lungo le strade ci correvano incontro tendendoci le mani e gridando: sweety (caramella), i più “grandini” ci accompagnavano ovunque instancabilmente per tutta la giornata, erano le nostre guide.

Le strade caratterizzate da terra rossa, polvere e sabbia testimoniano la storia di questo popolo sempre in cammino. Su di esse sono impresse impronte di ogni dimensione, dalla più piccola del bimbo che appena muove i primi passi alla più grande dell’adulto, a quelle delle biciclette e degli animali che si muovono tranquillamente tra le persone.

In questi giorni volati in fretta, mentre la forza maschile lavorava duramente alla costruzione della scuola, noi ci siamo recate nei vari villaggi per far visita ai bambini delle adozioni a distanza.

Nei loro occhioni grandi e luminosi come le stelle del cielo malawiano, tanta curiosità, gioia e gratitudine quando porgevamo loro i doni mandati dai genitori adottivi di San Marino.

Ho ancora impresso l’euforia di grandi e piccini il giorno della cerimonia per la posa della seconda pietra per la costruzione del mulino, erano tutti vestiti a festa per questo evento così importante.

Rappresenta, infatti, l’impegno dell’associazione di costruire un mulino che consentirà loro di poter macinare il granoturco senza dover fare decine e decine di chilometri a piedi con pesanti carichi addosso.

E come dimenticare i bimbi così piccoli e indifesi della casa di accoglienza di Kankao?

Un colpo al cuore, un misto di tristezza e impotenza per questi piccoli angioletti dagli 0 ai 2 anni, privi della cosa più importante: l’amore materno.

Nonostante l’impegno di Suor Santa e delle altre assistenti nessuno potrà mai sostituire quanto di più prezioso si possa avere.

Solo a contatto con certe realtà ci si rende conto di quanto basti veramente poco, un semplice gesto come una carezza, un saluto, una coccola, un abbraccio per renderli i bimbi più felici del mondo.

Quanto non contino le cose materiali che ci circondano perché la vera felicità ci è data solo dagli affetti, dai rapporti con le persone.

Valori qui ormai tramontati a causa del progresso, del materialismo, del superficialismo, nella corsa ad avere tutto e non esser mai contenti.

La fortuna più grande è riuscire a trovare la felicità nelle piccole e semplici cose di ogni giorno.

E così con tanta malinconia abbiamo fatto ritorno a casa con la voglia di ripartire presto per questa terra che crea così tanta dipendenza…

Un grazie infinito a tutti coloro che hanno fatto sì che questa mia desiderata esperienza diventasse realtà.

LUCIA PODESCHI – AGOSTO 2011

Ma chi te lo fa fare??? Tu sei pazzo?? Hai un bel coraggio??

Queste sono le frasi che spesso si sentono dire prima della partenza per un viaggio in Africa come volontario. Ma nella nostra testa, invece, il nostro pensiero è che non ci vuole pazzia, o coraggio, per partire come volontario in una terra lontana, ci vuole solo la voglia e una forza istintiva che ti porta ad organizzare il tuo viaggio. Molte persone alle volte fanno questo tipo di esperienza perché hanno problemi non risolti e credono di risolverli partendo, altri partono e tornano con tante foto e tanti bei ricordi, c’è poi chi parte per spirito religioso e forse rimarrà li.. .

Noi siamo partite perché abbiamo sempre sognato di poter vivere un’esperienza in Africa; di poter anche noi assorbire i mille colori che caratterizzano gli indumenti di queste persone; di poter condividere con loro la gioia che si rispecchia nei loro luminosi sorrisi. Siamo corse quindi a braccia aperte verso quest’esperienza di due settimane in Malawi.

Quando ci hanno chiesto cosa ci fosse rimasto più impresso dell’esperienza in Africa non sapevamo cosa rispondere, non perché non avessimo niente da dire, ma perché il viaggio è stato una sorpresa unica e continua. L’africa ti svuota, mettendoti a confronto con una realtà così diversa a quella a cui sei abituato, ti costringe a riflettere, non puoi far finta di non vedere, non puoi girare la testa dall’altra parte perché dall’altra parte c’è qualcosa che ti fa riflettere ancora di più. Ti scontri con quello che vedi, e le preoccupazioni che a casa sembrano enormi si fanno piccole piccole. 

Eravamo in sette, tutti volontari, e tutti eravamo pronti a donare la propria disponibilità e la propria esperienza per cercare di aiutare questa popolazione, ma soprattutto per andare avanti con i lavori della Nostra scuola materna di Matola.

L’Africa.. descriverla non è facile. È difficile descrivere l’esperienza che abbiamo vissuto attraverso un foglio di carta, perché è già molto difficile farlo quando si ha la possibilità di guardare il proprio interlocutore negli occhi e ci si può servire di una documentazione fotografica, ma noi ci proviamo lo stesso e speriamo di farvi capire quanto di meraviglioso ci sia in questa esperienza.

Era la mia prima volta in Africa ed era in assoluto la mia prima volta in quello che di fatto è un Paese del Terzo Mondo; il primo sentimento che ho provato quando ho messo il viso, il corpo e i piedi a Balaka, e ho visto polvere, bambini, donne, uomini, baracche, animali in mezzo alla strada sterrata, è stato, non mi vergogno a dirlo, di smarrimento e desolazione. Ma non era così. Quello che io e i miei compagni avevamo davanti agli occhi era la realtà, la vita, fatta proprio di strade sterrate, polvere, bambini che corrono e giocano con i copertoni delle ruote delle macchine facendoli rotolare avanti e indietro, donne che vendono prodotti sul bordo della strada, capre, galline, capanne di fango con tetti di paglia, persone che camminano scalze, bimbi che fanno il bagno sulle rive di un fiume, mentre le donne vi lavano i panni, oppure donne che riempiono ai pozzi i  loro secchi con l’ acqua e se li caricano sulla loro testa con una estrema facilità.

Fotografiamo tanti sorrisi e tanti sguardi persi. È strano da descrivere, ma ci si sente diversi. Si prova un’ emozione strana quando, mentre cammini, i bimbi ti vengono incontro e ti prendono la mano; oppure quando all’improvviso vedi una piccola testolina sbucare da dietro le capanne, e senti dire: muzungu…sweetyyyy…e di li a poco una miriade di bimbi si avvicinavano a te per ricevere una caramellina. Vedere i sorrisi e quegli occhioni dopo avergli consegnato una cosina così piccola, non ha prezzo; leggevo nei loro occhi la gioia di quel momento. Scambiavamo con loro anche qualche parola, ci siamo insegnati reciprocamente i saluti, le parti del corpo, e ovviamente dovevamo ripetere le parole in chichewa, la lingua del Malawi, ma noi “muzungo” non siamo tanto bravi e le risate sono state tantissime.
Un momento ricco di emozione, è stato quando una domenica abbiamo partecipato alla messa a Matola, che dire…indescrivibile…canti da far venire la pelle d’oca, un affetto e un entusiasmo che nonostante la lingua straniera ci coinvolgevano.
Ci siamo poi riscoperte capaci di condividere affetto senza parole, quando cullavamo i bimbi dell’orfanotrofio di Kankao. Un volto, un sorriso e due grandi occhi neri….si sono proprio loro gli orfani di Kankao.
Non è facile descrivere tutto quello che proviamo qua…perché ogni parola o frase non renderà mai l’idea. Ci siamo trovate di fronte a un esercito di bambini a “gattoni”, che inizialmente ci guardavano titubanti, “arriva l’uomo bianco”!!….poi tra un pianto e l’altro siamo riuscite a conquistarli. Gli abbiamo dato la “pappa”, e mentre facevamo l’aereoplanino con il cucchiaio con le mani che tremavano dall’emozione, avevamo sentimenti contrastanti: gioia nel poter vivere quei momenti, ma anche tristezza nel pensare alle storie di quei bambini, che ignari di tutto riescono comunque a farti un sorriso, una carezza, ti prendono per mano e ti stringono come se volessero dirti qualcosa… E’ difficilissimo trattenere le emozioni, difficilissimo non farsi “scappare” una lacrimuccia…Giocare con loro, coccolarseli è un qualcosa che ti “rimette al mondo”. Abbiamo provato anche a metterli a nanna con il loro biberon, ma dalle sbarre dei lettini e da sotto la loro copertina spuntavano sempre quei meravigliosi occhioni neri….

Durante la nostra permanenza abbiamo anche consegnato i piccoli regalini che ci sono stati dati prima della nostra partenza dai sostenitori delle adozioni a distanza, presso alcuni villaggi. Mentre tutti, sotto l’ombra di un grande albero, aspettavano di ricevere il proprio dono, ci ha colpito molto lo sguardo intimidito e pieno di stupore dei tanti bimbi, e ci chiedevamo chissà quali saranno i loro pensieri alla vista di tanti pacchettini colorati tutti per loro. Scattate le foto ad ogni bimbo da consegnare poi al nostro rientro, come testimonianza, i bimbi si sono incamminati a piedi sotto il sole cuocente verso i loro villaggi di provenienza.

Visitiamo ovviamente tutti i giorni la nostra scuola materna in costruzione; è proprio bello il nostro asilo. Spazi grandi, luminosi, accoglienti. Immaginiamo già i tanti i bimbi che corrono spensierati, o che giocano nelle loro aule pitturate di colori forti, caldi. Sentiamo questo posto già pieno di vita,  pieno della costanza, dell’impegno e della fatica di chi ha lavorato sodo per farlo nascere, è pieno del coraggio e della forza di andare avanti nonostante tutte le difficoltà, nonostante mancassero le attrezzature, il carburante, nonostante i ritardi.
Tra i nostri progetti che vogliamo portare a termine c’è anche la realizzazione di un mulino, cosicchè le persone possano macinare le pannocchie e farle divenire farina per poter realizzare la polenta, il piatto base della cucina africana. E così un pomeriggio è stata realizzata la cerimonia della posa della seconda pietra del mulino. Una cerimonia caratterizzata da balli, canti, spettacoli, dove una miriade di persone vi hanno partecipato e conclusasi durante il tramonto a mangiare pane e fanta.

Concludendo, di tutta questa meravigliosa esperienza cosa ti resta?? Restano le risate con le persone che sono partite con te, e la certezza che ormai siete legati perché avete vissuto un’esperienza così insieme, sempre insieme, nelle situazioni più strambe, in quelle più complicate, negli scherzi e nelle pazzie serali. Resta tutto questo, insieme alla consapevolezza che adesso che hai visto devi fare qualcosa, adesso riguarda anche te. 

Quando guardi sul serio l’Africa, non con gli occhi del turista distaccato ma con gli occhi del bambino che corre verso di te a braccia aperte e che nolente o volente ci dovrà vivere tutta una vita lì, ecco che allora l’Africa ti riempie, diventi una spugna pronta ad assorbire tutto. I suoi colori, il rosso caldo e l’azzurro limpido, i suoi tramonti mozzafiato, il suo cielo stellato che non sembra neanche vero, e perchè no anche la polvere che si alza quando passi nelle strade sterrate, quella polvere che ti riempie gli occhi e il naso e ti fa starnutire, che copre tutto e non vedi più fuori dal finestrino. Ti affezioni perfino agli imprevisti, alla benzina che non si sa se c’è, alla doccia fredda, e alla luce che va e viene e che a volte ti fa cenare a lume di candela.

Tornando a casa non si può far finta di niente,  la tranquillità di quel mondo che sembra lontano mille anni ti resta impressa. L’Africa si fa ricordare, si fa pensare, si fa mancare. E’ impressionante la sensazione  che provi nel rivedere il cemento della città, le strade perfette e le macchine in coda, e l’alba che non ha più gli stessi colori. Restano negli occhi e nelle orecchie le voci dei bimbi che ti chiedono se vuoi essere loro amico.  Resta l’insistenza dei bimbi che ti chiedono le tue scarpe, il tuo zaino, i tuoi pantaloni, la tua maglietta, i tuoi occhiali…. Resta la tenerezza di un bimbo di un anno  che ti afferra la mano e non te la lascia. Resta l’ amarezza per quelle mamme sedute per terra negli ambulatori in attesa di essere chiamate, per quelle capanne isolate, per i piedi rovinati e i vestiti stracciati.

E’ sicuramente un’esperienza che ci ha lasciato molto dispiaciute quando siamo dovute ripartire ma che ci ha anche lasciato una nostalgia di quella vita semplice basata esclusivamente sul rapporto umano. Al nostro rientro l’unica cosa di cui eravamo già sicure e che non vedevamo l’ora di ritornare il prima possibile a godere degli sguardi, di quei sorrisi e di quel meraviglioso posto quale è il Malawi.


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